Bibbiena è un comune della provincia di Arezzo su un colle situato nei pressi della confluenza tra i fiumi Archiano e Arno.
L'economia di Bibbiena si basa prevalentemente sulla produzione agricola e sull'attività dei numerosi lanifici attivi sul territorio. Il nome della località deriva dalla forma etrusca "Viblena": la fondazione dei primi insediamenti nella zona è infatti da attribuire agli Etruschi.

In epoca medievale Bibbiena appartenne ai vescovi di Arezzo, i quali ne mantennero il controllo fino al 1289, quando i Fiorentini conquistarono e devastarono il borgo.
Da allora Bibbiena si trovò sottoposta alla dominazione fiorentina e in tale condizione rimase fino al XIV secolo, quando passò nuovamente ai vescovi di Arezzo sotto la giurisdizione di Guido Tarlati; alla sua morte, Bibbiena venne conquistata definitivamente dalla città di Firenze che ne fece sede di podesteria.
Agli inizi dell'Ottocento Bibbiena poteva contare su un economia già ben avviata e che si incentrava sulla lavorazione artigianale della lana e del legno.
Alla fine della dominazione francese, Bibbiena venne annessa al Granducato di Toscana rimanendovi fino all'Unità d'Italia.
Tra i monumenti di maggiore rilievo a Bibbiena si segnala la Chiesa di San Lorenzo, l'Oratorio di San Francesco, il Santuario della Madonna del Sasso, la Pieve dei Santi Ippolito e Donato, il Palazzo Dovizi e il Palazzo Poltri.
Tra le numerose manifestazioni che si svolgono a Bibbiena segnaliamo qui la tradizionale
"Rievocazione storica della Mea" che si tiene annualmente nell'ultimo giorno di Carnevale; la manifestazione rievoca una legenda popolare che narra di una bella fanciulla, la Mea, di origine popolare, la quale fu oggetto di contesa tra un conte della famiglia Tarlati e un tessitore al quale era stata promessa in sposa. Tra le due fazioni in cui la città di Bibbiena anticamente si trovava divisa nacque un accesa rivalità che si concluse successivamente con la consegna della Mea al popolo e il festeggiamento della ritrovata pace. Da allora tutti gli anni si festeggia l'avvenimento storico bruciando il cosiddetto "Bello Pomo" come augurio di abbondanza per il prossimo raccolto.